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"A VIRIGNA E U VINU
PISTA 'MUTTA"
La vendemmia nella Piana di Vittoria generalmente cominciava verso il 15 di agosto, quando luva era matura e in più a quella data, finiti i lavori della raccolta cerealicola, vi era più possibilità di reclutare manodopera. Quindi si "adduvava a ciurma", si reclutava la squadra di operai che veniva guidata dal "suprastanti", ossia caposquadra, che si occupava della vendemmia vera e propria cioè della raccolta delluva. Questa veniva effettuata da almeno 5 o 6 persone, di cui almeno due mulattieri con relativo mulo e i due "cancieddi" portati a barda, così, mentre un mulattiere scaricava al palmento luva, laltro caricava aspettando allinizio dei filari della vigna. Qui arrivava il "carriaturi", o portatore delluva, che la trasportava sulla spalla nella "cruvedda" facendo 6 viaggi per completare il carico. Costui andava e veniva dal mulo all"antu", ossia al posto di raccolta, dove aveva lasciato la "cruvedda" vuota che il capofila e altri due riempivano con i grappoli o "rappi" di uva, raccolta col coltello e messa nei panieri. Intanto luva ossia "racina", a dorso di mulo, arrivava al palmento. Qui, sul retro, dal lato esterno esistevano uno o due "finestrali" con il davanzale rialzato in unica pietra viva sporgente a mezzaluna, dove veniva poggiato uno dei due "cancieddi", mentre laltro si appoggiava su una grossa pietra a mo di tamburo di colonna, che si trovava poco distante e in corrispondenza. Liberato il mulo, il mulattiere porgeva i due "cancieddi" pieni di uva ad almeno due "pisaturi" che, allinterno del palmento, pigiavano luva che scaricavano sul piano inclinato o "aria" laterale "nvalatata" ossia piastrellata in pietra viva di Comiso, che si allungava poco sotto il livello del davanzale. Quindi gli uomini trattenendosi, per non cadere, ad una fune penzolante dalla trave del tetto pigiavano a piedi nudi luva, il cui succo si riversava da un canale in pietra nel sottostante tino in muratura, passando prima dalla "cruvidduzza i scucciari" che faceva da filtro impedendo ai chicchi delluva o "coccia" schiacciati e quindi a buccia, polpa, seme e raspo, ossia a "pogghia", "purpa", "vicciu" e "rappogghia", di cadere nel fossato a forma di parallelepipedo, ossia tino. Finita la pigiatura si usciva il fiore di mosto che, messo in botte, dava un vino chiaro ossia il tipico "cerasuolo di Vittoria" che si otteneva con la spremitura leggera detta "pista mutta" in quanto si evitava la fermentazione e la commistione di sostanze tanniche che caratterizzano gli altri vini.
PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA - POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA SCHEDA N.36/1996, Esperto A. Zarino
PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA - POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA SCHEDA N.37/1996, Esperto A. Zarino
PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA - POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA SCHEDA N.38/1996, Esperto A. Zarino
PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA - POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA SCHEDA N.39/1996, Esperto A. Zarino
Planimetria del palmento greco dellinizio del 1800 della fam. Busacca-Marangio esistente in C.da Serra dElia, territorio di Vittoria. PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA - POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA SCHEDA N.40/1996, Esperto A. Zarino Aia, dal lat. Area, in sic. Aria. Fotografia vendemmia anni 70 in C.da Serra dElia, con particolare del palmento Busacca-Marangio relativo ai "pisaturi" delluva nell"aria" laterale di destra. In primo piano si vede la pala di legno che serviva, dopo aver completato la pigiatura, a raccogliere la poltiglia delluva per buttarla nel tino sottostante, dove restava fino alla fermentazione desiderata.
SCHEDA N.41/1996, Esperto A. Zarino
PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA - POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA SCHEDA N.42/1996, Esperto A. Zarino
Recipiente di "uottu carrichi" pari a 640 litri, approssimativamente di forma cilindrica, costruito artigianalmente con legno di quercia o di castagno fatto a strisce, chiamate doghe, rese leggermente ricurve al centro col fuoco. Le doghe vengono tenute assieme da una graduata serie di cerchi in "raetta", ossia ferro piatto sottile, imperniati, che stringono pure il fondo e il coperchio, chiamati "timpagni". In quello anteriore vi è una "purtedda", ossia portello che, togliendolo, consente di pulire la botte dai residui del mosto.
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